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Nei tempi in cui si adoravano gli Spiriti di cui si credeva fossero animati gli elementi della Natura si divinizzò il fulmine che atterra, la fiamma che divora, il vento che scuote, terrificanti fenomeni che contribuirono alla costruzione delle fondamenta del mito greco. Più tardi l’uomo riuscì a non farsi più solo atterrire dalla potenza del Creato ma anche ispirare: emozione, stupore, poesia e i Poeti crearono I MITI, favole che cantavano la sua bellezza, pericolosità e generosità.

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domenica 7 ottobre 2012

SFINGI e CHIMERE: fascino della creatura mostruosa


 

Sfinge greca

 

 

Al contrario della Sfinge egizia, la cui funzione era quella di proteggere, la Sfinge greca era una figura terrorizzante, inquietante e tragica. Come in molti dei miti greci. Lo fu la sua stessa nascita: il frutto di un rapporto incestuoso tra la bestiale Echidna e suo figlio Ortro, cane a due teste.

Chi o cosa potevano generare due mostruose creature, se non un altro mostro? Sfinge era un ibrido alato con testa di donna e corpo di leonessa.

 

 

Il mito narra che fu mandata a Tebe per vendicare la morte del bel Crisippo, ucciso da Laio, Re della città, che aveva approfittato sessualmente di lui, contro natura.

Il mostro si appostò sul Monte Ficione; secondo altre versioni, addirittura su una  colonna nel bel mezzo della piazza della città.

 

 

Il mostro chiedeva a tutti i passanti di sciogliere indovinelli… pena la morte.

L’enigma più ricorrente era:

“Chi è quell’animale che al mattino cammina a quattro zampe, a mezzogiorno su due ed a sera fa uso di tre?”

Per liberare la città da quel flagello, Laio stava recandosi a Delfi per chiedere responso al Tempio, quando si scontrò con un certo Edipo.

La strada era stretta e il Re gli chiese di farsi da parte.

Quell’Edipo, però, era un giovane dotato di arroganza più che di rispetto e, ignorando che l’uomo che gli stava di fronte era nientemeno che suo padre, non solo non gli dette la precedenza, ma passò alle mani… anzi, alla spada e fece fuori lui e il suo araldo… anche perché uno dei cavalli gli aveva pestato i piedi.( i piedi di Edipo, vedremo in altra sede, avevano un buon motivo per stare in scena in questo mito…).

Giunto a Tebe, il giovane affrontò la Sfinge e al suo indovinello rispose così:

“E’ l’uomo! Egli cammina a quattro zampe da bambino, su due piedi da adulto e si appoggia al bastone da vecchio.”

Sconfitta e sconvolta, la Sfinge si gettò dalla rupe (o dalla colonna), sfracellandosi.

 

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