NINFE DI ACQUA DOLCE
LE NAIADI: ninfe di sorgenti
Allegre,
gioiose, festevoli e chiacchierine come le acque in cui vivevano; la loro casa
era un Palazzo Incantato che sorgeva nei pressi di torrenti, fiumi, laghi,
fonti e sorgenti. Avevano il compito di rendere le acque limpide e scorrevoli e
di nutrire la vegetazione e renderla verde e lussureggiante.
Erano
fanciulle di fresca bellezza e dall’allegro sorriso; erano mortali, ma
dall’eterna giovinezza e possedevano
molte altre virtù, come quella di assumere qualunque forma volessero.
La
loro esistenza era un continuo intreccio di giochi, danze e canti. Comparivano
e scomparivano con la rapidità di una lucciola, tra ciottolame, rivoletti,
cascate e corsi d’acqua, in un susseguirsi di giochi di metamorfosi e
trasformazioni.
Dei,
Satiri e cacciatori erano irresistibilmente attratti dai loro canti e dalla
loro fresca bellezza e il gioco della trasformazione diventava spesso un mezzo
per sfuggire loro: basta l’esempio di
Apollo e Dafne.
ILA
Ne
fece le spese Ila, compagno di Ercole durante il viaggio degli Argonauti verso
la Colchide.
Ila,
uno dei rematori, era un ragazzo bellissimo e di grande fascino ed Ercole lo
amava come un figlio. Mentre era intento alla voga, il ragazzo perse il suo
remo per cui si dovette scendere a terra per cercare un albero adatto e
fabbricarne un altro.
Così
fecero. Sbarcarono Ila, Ercole e un certo Polifemo (non quello dell’unico
occhio).
Cercato
e trovato l’albero e il ramo adatto, Ercole si pose subito al lavoro per
abbatterlo, mentre Ila si allontanava
verso una sorgente lì vicino, per attingere acqua per sé e compagni.
Nell’acqua
c’era uno stuolo di Naiadi che stavano allegramente trascorrendo qualche ora di
ozio.
Alla
vista del bellissimo ragazzo smisero di giocare.
Appena,
però, il ragazzo sporse una mano verso il ciglio per raccogliere acqua con la
brocca d’argento, le ninfe sollevarono le loro braccia e lo attirarono con loro
sul fondo.
Poliremo,
che a qualche metro di distanza aveva assistito alla scena, cpmimciò ad urlare
e le sue urla attirarono l’attenzione di Ercole che accorse immediatamente.
Quando,
però, l’eroe raggiunse la sorgente l’acqua era tornata cheta e tranquilla e di
Ila non c’era alcuna traccia, come non ve n’era delle ninfe.
GIUTURNA
La
ninfa di sorgente più famosa della mitologia romana.
Moglie
di Giano, era la madre di Turno, re dei Rutili ed avversario di Enea.
Su
di lui pendeva un oracolo secondo il quale sarebbe morto per mano di Enea,
figlio di Venere.
La
ninfa si oppose con tutte le sue forze a questo avverso Destino, ma nulla potè
contro di esso.
Alla
fine, Enea, cui Turno era diventato acerrimo nemico per avergli portato via
Lavinia, figlia di Latino, Re del Lazio, finì per ucciderlo.
Alla
fonte di Giuturna, nel Foro Romano, la leggenda narra che si siano abbeverati i
cavalli dei Dioscuri: Castore e
Polluce.
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