ANTICA ROMA: la
religiosità dei “Figli della Lupa”
Definire
complessa la religiosità degli Antichi
Romani è quasi un eufemismo: superstizione, incantesimi, spaventevoli
rituali e pratiche magiche.
Tutto questo
aveva lo scopo di dominare o propiziarsi le forze della natura: eclissi,
inondazioni, terremoti…
Rew ed He-kau erano chiamati, in Egitto, gli Incantesimi e
le Formule Magiche.
Indigitamenta, invece, era il nome con cui gli antichi
romani indicavano l’insieme dei riti e delle formule magiche per invocare le
Divinità
Unica, ma fondamentale differenza: mentre le prime, con
il “tono giusto” della voce “costringevano” la Divinità ad intervenire, le
seconde erano, invece, “invocazioni”, ma sempre con un tono particolare di
voce.
Ancor oggi troviamo traccia di questo rituale nella voce
modulata del muezzin (durante le cinque preghiere della giornata) dall’alto dei
minareti arabi. La troviamo anche nei Salmi ebraici recitati nelle funzioni sacre e nella Messa cantata dei
cristiani.
Un accenno meritano le Defixiones, forme di maledizione
incise su lamine di piombo arrotolate e trapassate da un chiodo.
Tale pratica era in uso anche altrove: Grecia, Egitto…
In Egitto, in particolare, erano incise su cocci che
venivano poi frantumati.
Le defixiones si deponevano in tombe, fosse, pozzi,
sorgenti o qualunque posto potesse “condurre” agli inferi ed attirarvi un
nemico.
Nuocere, però, non era il solo scopo di questa pratica
magica: una defixiones poteva essere utile anche in amore, potere, denaro e
altro.
Gli addetti ai lavori, maghi, fattucchiere e sacerdoti,
facevano affari d’oro e godevano d’immenso prestigio.
(come oggi, d’altronde)
Pozioni ed amuleti per proteggersi da maledizioni e
malocchio, erano assai costosi e misteriosi.
Maghi e fattucchiere si aggiravano nei cimiteri per
procurarsi erbe da mescolare ai più raccapriccianti ingredienti: interiora di
topi, ossa di serpenti ed altro.
Ne facevano amuleti come gli oscilla (dischetti) o le
lunulae (mezzaluna), da portare sulla persona.
Famose era bulla, un sacchetto contenente amuleti e posta
al collo dei bambini.
Altre forme di superstizione che atterrivano i “figli
della lupa” erano: il canto della
cornacchia, quello del gallo durante un banchetto, l’olio versato non
intenzionalmente… tutti segni di
imminenti disgrazie.
Nulla da stupirsi, se ancor oggi c’è chi ha paura del
gatto nero!
C’erano, poi, le Lemures: ombre dei morti che si
divertivano a spaventare i vivi con catene e ferraglia e c’erano i Versipellis:
lupimannari, ecc.
Infine, se crediamo che il “Signore degli Anelli” sia una
invenzione di uno scrittore dei giorni nostri, ebbene, ci sbagliamo di grosso:
Ovidio parlava già di “spiriti maligni” nascosti in anelli e nodi.
A tutto ciò si aggiunge (in età imperiale) la convinzione
che gli Astri influissero sulle cose e sulle persone: stiamo parlando di
Astrologia, un argomento che imperversa ancor oggi e inchioda, ogni mattino,
migliaia di creduloni davanti al televisore in attesa delle notizie
dell’oroscopo del giorno…
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