Figura di spicco nella storia dell’Impero Romano in
Oriente.
Bellezza leggendaria, occhi neri e profondi, pelle
levigata, capelli raccolti in treccine secondo l’uso del tempo, Zenobia era una
donna di grande fascino.
Ambiziosa, intelligente e colta, parlava diverse lingue,
tra cui il latino; possedeva anche qualità di moralità, prudenza e generosità.
Figlia di Giulio Aurelio Zenobio, andò sposa ad Odenato,
brillante uomo politico e militare il quale, dopo una folgorante carriera fu
nominato dall’imperatore Gallieno “Re dei Re” d’Oriente, con il compito di
proteggere le frontiere dell’Impero dalle pressioni persiane.
Col marito Zenobia divise ogni cosa, dai fasti della corte
alle fatiche militari. Lo seguì sui campi di battaglia durante le campagne
militari contro i Persiani, lo sostenne nei Consigli di Guerra e lo accompagnò
nelle battute di caccia al leone.
Femminile e seducente a corte, non disdegnava di indossare
abiti militari ed elmo in testa, così come amava farsi raffigurare in statue e
dipinti.
Curò personalmente l’educazione dei tre figli (di cui due
di primo letto del marito) chiamando a corte i migliori maestri d’arme e di
lettere.
Alla morte di Odenato, ucciso insieme al figlio Hairan a
seguito di una congiura tesagli da un nipote, Zenobia assunse la Reggenza del
Regno in nome del figlio Vaballato.
All’ambiziosa donna, però, il titolo di Reggente andava
assai stretto: il suo sogno era quello creare un Impero d’Oriente e, di
conseguenza, sottrarsi al giogo romano.
Primo atto di quell’ambizioso disegno, fu quello di dichiararsi apertamente discendente della
regina Cleopatra e proclamarsi Regina di Palmira.
A Roma, naturalmente, non la presero molto bene.
L’imperatore Aureliano, succeduto a Gallieno, avrebbe
voluto regolare subito i conti con l’ambiziosa Regina, ma glielo impedirono le
invasioni dei Goti e degli Eruli.
In verità, pur avendo fatto scalpore, l’ascesa al trono di
Zenobia in principio non era stata osteggiata, confidando nella lealtà che il
marito aveva sempre dimostrato nei confronti di Roma.
La stessa Zenobia all’inizio aveva cercato di mantenere
buoni i rapporti con Roma e fu solo più
tardi che cominciò a tramare apertamente ed a non nascondere i suoi progetti di
grandezza.
Per ragioni di opportunità politica e per la necessità di
temporeggiare, l’imperatore Aureliano aveva perfino accordato al figlio di
Zenobia il titolo di Dux Romanorum.
Appena sistemata la situazione in casa, però,l’imperatore
si accinse a risolvere la faccenda.
L’esercito di Palmira e quello romano si scontrarono sulle
rive dell’Oronte, dove Aureliano, grande stratega militare e generale di
cavalleria, ottenne una strepitosa vittoria.
Zenobia e il suo generale, Zabdos, furono costretti a
riparare ad Antiochia e poi a Emesa.
La vittoria decisiva di Aureliano avvenne proprio ad
Emesa, ma Zenobia pur pesantemente sconfitta, non si arrese.
Si ritirò a Palmira e qui si preparò a sostenere un
inevitabile assedio.
Aureliano le offrì una resa onorevole, ma la Regina fece
l’errore di non accettare, fidando nell’aiuto delle tribù del deserto.
L’aiuto non arrivò mai: Roma aveva sottomesso o comprato
tutte quelle popolazioni ed a Zenobia non restò che cercare la salvezza nella
fuga assieme al figlio.
Fuggirono a dorso di dromedario, con l’aiuto di un gruppo
di fedeli nomadi del deserto, ma furono riconosciuti e catturati e in seguito
condotti a Roma; il figlio morì durante il viaggio.
Giunta a Roma, la bellissima prigioniera fu fatta sfilare
come il più prezioso dei trofei legata al carro dell’imperatore con catene
d’oro.
Roma restò soggiogata dal suo fascino.
L’imperatore non solamente le risparmiò la vita, ma la
sistemò in una lussuosa villa a Tivoli, dove Zenobia visse come una Regina,
animando le notti romane.
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