Magia e Religione nell’Antico
Egitto
Conosciamo tutti la grande
religiosità che caratterizzava l’esistenza dell’antico popolo egizio. Sappiamo
che Religione e Magia guidavano
ogni atto o pensiero del
quotidiano. Ciò che forse non si conosce a fondo è il carattere di tale
religiosità: utilitaristico e non (come nelle moderne Religioni) esclusivamente
trascendentale. In parole più esplicite, per gli Antichi Egizi, la Religione
rappresentava uno strumento con cui rendere più facile, o almeno più semplice,
l’esistenza umana.
Un esempio chiarificatore: il
fedele, oggi, prega il suo Dio nella speranza che gli venga concessa la
grazia richiesta, l’antico egizio, invece, disponeva di “strumenti” con cui costringeva
la Divinità a concedere quanto richiesto.
Rew ed he-kau ossia
Incantesimi e Formule Magiche: questi, gli strumenti. Erano, però, “strumenti”
da usare con le dovute precauzioni, se si voleva raggiungere lo scopo ed
attirare l’attenzione divina, altrimenti, irritare o solamente distrarre la
Divinità dalle sue occupazioni, poteva essere pericoloso o addirittura letale.
Comunicare con la Divinità non
era facile. Bisognava farlo con la giusta intonazione di voce: quel tono di
voce capace di indurre la Divinità a lasciare ogni altra occupazione e ad
intervenire… ( la voce del muezzin dall’alto di un minareto o il Salmo
recitato da un rabbino oppure la preghiera intonata da un prete cristiano
durante la celebrazione della Messa, non sono, forse, retaggio di un così
antico rituale per invocare Dio?)
Chery-vebb, ossia “Puro di
voce”, così si chiamava il sacerdote che conosceva la giusta intonazione di
voce, necessaria per recitare le he-kau, Formule Magiche; sem,
era invece il nome del sacerdote-esorcista, dotato di urre-ka, strumenti
magici; il primo riconoscibile per la lunga stola di lino appoggiata sulla
spalla destra e l’altro per la pelle di leopardo in spalla.
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