Una domanda che mi sento spesso rivolgere
è: gli Egizi adoravano gli animali? Esisteva, cioè, un culto degli animali?
Di certo c’è che gli animali facevano
parte della dieta alimentare di questo popolo ed erano utilizzati per i lavori più pesanti.
Davvero dobbiamo credere che quei geniali
costruttori e perfetti conoscitori del corpo fisico si genuflettessero davanti
ad una mucca o ad un gatto che attraversasse il loro cammino?
E’ pur vero, però, che gli Dei
dell’Antico Egitto sono spesso raffigurati con testa animale: toro, gatta,
leonessa, ibis, ecc..
Come tutte le Religioni, anche quella
egizia… soprattutto quella egizia, si serve di simboli per rendersi più
comprensibile.
Gli Dei egizi possiedono un corpo
composto di materie preziose: d’oro è la carne, di lapislazzulo i capelli, di
corniola il sangue, ecc.., ma non si
rendono visibili agli occhi umani.
Sono gli uomini che attribuiscono loro
una forma.
Per quanto sconcertante possa apparire ai
nostri occhi, le Divinità egizie hanno l’aspetto di un essere ibrido, (metà
uomo e metà animale) ma si tratta sempre di simboli per esprimere una funzione
o una specifica qualità della Divinità
e non corrisponde al suo aspetto reale.
Qualche esempio: il seno di una vacca
simboleggia il cielo e NUT, Dea
del Cielo, viene raffigurata con orecchie bovine.
Quale simbolo si può scegliere per
raffigurare l’irruenza e la fertilità delle acque del Nilo se non un toro? Ed
ecco Hapy, dalla testa di toro.
E come esprimere la potenza e l’ardenza
del Sole, se non attraverso la forza e la determinazione di una leonessa?
Sekhmet, sposa di Ptha, è raffigurata con testa di leonessa. (nota: al Museo
Egizio di Torino ci sono più di venti splendide statue che raffigurano questa
Dea)
Le forze di crescita della Vegetazione,
invece, sono associate ai serpenti, (Mertseger, Buto, Apofi, ecc) mentre quelle
del Cielo, a falchi ed avvoltoi (Horo, Nekhbet, ecc..)
E Anubi? Quale simbolo più appropriato
scegliere per questa Divinità inquietante e misteriosa, se non uno sciacallo
del deserto?
In realtà, questi animali “divinizzati”
non hanno nulla in comune con i loro simili viventi, se non la forma: sono il
simbolo di funzioni e qualità divine. Niente di più.
Qualcosa di nuovo, però, avviene in tarda
età, causa la decadenza politica del
Paese e la dominazione straniera.
Il significato simbolico dell’immagine
divina va sempre più perdendosi a favore di un vero culto degli animali,
favorito dal dominatore straniero: greco o romano.
Solo in questo periodo storico, infatti,
gli animali, simboli di Divinità,
divengono a loro volta Divinità: sacri ed intoccabili.
Pena la morte per chi li offende.
Superstizione? Certo!
Per un popolo conquistatore è stato
sempre più facile governare la superstizione che la religione o, addirittura,
la ragione.
Del resto… non accade qualcosa di simile
ancor oggi?
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