La Sibilla
cumana è una delle figure più inquietanti, misteriose ed affascinanti della
mitologia greco-romana.
Sibille, erano
chiamate le sacerdotesse di Apollo, il bellissimo Dio del Sole, in possesso di
poteri divinatori concessi loro dalla Divinità.
Vivevano in
grotte oscure o in prossimità di fonti sacre
e sul significato del loro nome, c’è la stessa oscurità e lo stesso alone di mistero che circondava la loro figura.
“Vergine
Oscura”, secondo alcuni, il significato
del termine Sibilla, proprio perché vivevano in luoghi oscuri e misteriosi;
inaccessibili. E proprio per questo, e per i loro infallibili responsi, le
Sibille erano assai temute e rispettate.
La Sibilla era
“posseduta” da potere divino che acquisiva attraverso il respiro di vapori che
uscivano da fenditure del terreno nei pressi della grotta in cui viveva
(l’Antro della Sibilla) e con libagioni di acqua di Fonte Sacra.
Masticava
foglie di lauro, pianta sacra al dio Apollo, atto con cui suggellava la sua
unione con la Divinità.
Come ogni altra
Sacerdotessa, la Sibilla era la “sposa” del Dio, ma non si trattava di amplesso
fisico: la Sibilla, infatti, conservava intatta la sua verginità, poiché
“l’amore” di Apollo nei suoi confronti era solamente un “soffio” trasfuso in lei,
conservandola nello stato di verginità.
(il concetto di
Vergine-feconda ha sempre affascinato l’uomo)
Non per tutte,
però.
La Sibilla
cumana, conobbe un ben altro destino: beffardo e crudele.
La leggenda
narra che una di queste Sibille giunse a Cuma, in Campania, nei pressi dei
Campi Flegrei, dalla città greca di Eritre. Il suo nome era Deifobe.
Era così bella,
che Apollo se ne innamorò follemente e le promise, in cambio di sesso, che
avrebbe esaudito ogni suo desiderio.
La Sibilla si
chinò a raccogliere un pugno di terra e chiese ad Apollo di concederle di
vivere tanti anni quanti erano i granelli di terra raccolti.
Apollo
acconsentì, ma la ragazza si rifiutò di concederglisi.
La vendetta di
Apollo fu terribile: le concesse di vivere, ma le negò la giovinezza:
settecento anni.
Con il passar
degli anni, Deifobe divenne sempre vecchia e più piccola; quanto una cicala.
A chi le
chiedeva quale fosse il suo desiderio, rispondeva con voce triste e sconsolata:
“La morte!”
Apollo, infine
le concesse di morire.
Morale?… Forse che una vecchiaia troppo lunga è anche
troppo triste!
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