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Nei tempi in cui si adoravano gli Spiriti di cui si credeva fossero animati gli elementi della Natura si divinizzò il fulmine che atterra, la fiamma che divora, il vento che scuote, terrificanti fenomeni che contribuirono alla costruzione delle fondamenta del mito greco. Più tardi l’uomo riuscì a non farsi più solo atterrire dalla potenza del Creato ma anche ispirare: emozione, stupore, poesia e i Poeti crearono I MITI, favole che cantavano la sua bellezza, pericolosità e generosità.

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giovedì 17 gennaio 2013

Storia d'Amore e di Morte: Antigone ed Amone - il sopruso e la tirannia


ANTIGOLE  ED  EMONE



Antigone ed Emone erano profondamente innamorati e legati da una promessa matrimoniale. Emone era figlio di Creonte, il Re-usurpatore di Tebe e zio di Antigone oltre che suo spasimante respinto.

Creonte era riuscito a mettere le mani sul trono di Tebe dopo che i legittimi eredi, Eteocle e Polinice, fratelli di Antigone, si erano affrontati in un duello mortale per entrambi.

Spinto dalla propria natura empia e malvagia, il Tiranno aveva ordinato di non dare sepoltura ai corpi dei due caduti.

Contravvenendo a quell’ordine, però, Antigone innalzò una pira e vi adagiò sopra il corpo di Polinice, cui la principessa era legata da profondo affetto.

Dall’alto di una terrazza, Creonte vide il bagliore delle fiamme del rogo e si precipitò sul posto, sorprendendo Antigone.

In preda alla collera per essere stato disubbidito e cogliendo, soprattutto, l’occasione di potersi vendicare del rifiuto di Antigone, Creonte ordinò al figlio, il principe Emone, di seppellire viva la ragazza nella tomba di Polidice.

Emone finse di ubbidire. In realtà sposò l’amata e la mise in salvo affidandola ad un gruppo di pastori, tra i monti.

Antigone ebbe un figlio che, come tutti nella sua famiglia, aveva impresso sul corpo il segno del serpente. Quando, molti anni dopo, ormai cresciuto, il ragazzo si presentò ad una gara con l’arco, Creonte lo riconobbe dal segno, lo catturò e lo fece mettere a morte.

Invano Emone tentò di salvare il figlio; alla fine uccise se stesso e l’infelice Antigone.

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