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Nei tempi in cui si adoravano gli Spiriti di cui si credeva fossero animati gli elementi della Natura si divinizzò il fulmine che atterra, la fiamma che divora, il vento che scuote, terrificanti fenomeni che contribuirono alla costruzione delle fondamenta del mito greco. Più tardi l’uomo riuscì a non farsi più solo atterrire dalla potenza del Creato ma anche ispirare: emozione, stupore, poesia e i Poeti crearono I MITI, favole che cantavano la sua bellezza, pericolosità e generosità.

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mercoledì 27 febbraio 2013

MITICHE REGINE - DIDONE Regina di Cartagine



MITICHE REGINE


Moltissime donne di potere, spose e figlie di Re,  hanno lasciato il loro segno nella Storia;  occuparsi di tutte loro sarebbe impossibile in questa sede. Ne sceglieremo solo alcune, per la spiccata personalità di cui erano dotate, il momento storico  che le ha viste protagoniste o il fascino particolare che la loro figura ha suscitato nell’immaginario comune.

Ne citeremo solo alcune e non per il demerito delle altre, ma per semplice criterio di scelta.


DIDONE     Regina di Cartagine




Di questo personaggio, che ondeggia tra storia e leggenda, si sarebbe persa ogni traccia o ricordo, se non avesse avuto un cantore d’eccezione come Virgilio.

Grazie a lui, poeti e scrittori, pittori e musicisti l’hanno resa immortale.

Didone, la mitica fondatrice di Cartagine, che il mito più antico chiama Elissa, è un personaggio epico, energico e quasi virile nel vigore dello spirito e nella risolutezza delle opere.  E’ una donna energica, intelligente ed  astuta.

Virgilio, però, fa di lei l’eroina di un dramma amoroso orchestrato e diretto dal Fato.

Chi era veramente la nostra eroina? La Elissa, cioè  Allizah la Consacrata del mito più antico oppure la Didone, cioè la Virago

del mito virgiliano?


Sia Storia oppure Leggenda, la Elissa-Didone dell’antico mito era una donna dignitosa, forte e astuta.

Primogenita di Belo, re di Tiro, alla morte del padre ne ereditò il trono assieme al fratello Pigmalione.

Per nulla disposto a dividere il trono con la sorella, Pigmalione fece uccidere Sicheo, il ricchissimo ed amatissimo sposo di lei e prese il potere da solo.

Per evitare una guerra civile la Regina decise di  lasciare Tiro ed iniziare un peregrinare nel Mediterraneo in cerca di una nuova patria.


La necessità aguzza l’ingegno, recita un adagio e la bella Elissa dette subito prova di quanto ingegno fosse dotata.

Per lasciare Tiro aveva bisogno di navi e lei non ne disponeva. Allora montò un’efficace quanto astuta messinscena per raggirare il fratello. Gli chiese un incontro per discutere e trovare un accordo e Pigmalione precipitò nella rete con l’intelletto offuscato dalla cupidigia per le di lei ricchezze.

Egli inviò immediatamente uomini e navi a prelevarla, ma la notte stessa in cui le navi approdarono nel porto, Elissa-Didone fece caricare di nascosto a bordo tutte le sue ricchezze, lasciando in bella mostra sul ponte una gran quantità di sacchi contenenti sabbia, facendo credere che l’oro fosse là dentro.

Appena le navi ebbero raggiunto il mare aperto, la Regina ordinò ai suoi uomini di gettare nelle acque l’ingente ricchezza gridando

“… meglio in mare che nelle mani infide ed indegne di Pigmalione.”

In realtà si trattava solo dei sacchi pieni di sabbia.

Timorosi della reazione del loro Re, gli uomini di Pigmalione preferirono mettersi al servizio della Regina piuttosto che tornare al cospetto del Re e puntarono la prua delle navi in direzione della prima isola.

Dopo lungo (o breve) peregrinare, le navi raggiunsero le coste della Libia ed ancora una volta la bella ed astuta Regina pose in atto un piano assai ingegnoso.

Ottenne da Jarba, un principe locale, un terreno su cui edificare la sua casa: “… grande quanto ne poteva contenere una pelle di bue”.

Jarba accettò ed Elissa lo mise elegantemente “nel sacco”.

Fece tagliare in striscioline finissime una pelle di bue e con esse tracciò un perimetro che conteneva tutta la collina e la campagna circostante.

Su quel terreno la Regina edificò la sua città: Cartagine o  Birse, che in greco significa “Pelle di bue” e in fenicio vuol dire “Collina”.


Bella, affascinante, ricca e potente, la Regina di Cartagine attirò immediatamente le mire di molti pretendenti. Primo fra tutti, quelle dello stesso principe Jarba il quale giunse a minacciarla di muoverle guerra se non l’avesse accettato come sposo.

Elissa-Didone finse di accondiscendere alle richiese e chiese ed ottenne di aspettare la fine del periodo di vedovanza. Quando giunse il giorno della scelta di uno sposo, la Regina, ancora innamorata del marito e fedele al giuramento di non sostituirlo con un altro uomo (nulla da stupirsi: si era nel periodo patriarcale ed era la donna a scegliersi lo sposo) si trafisse con una spada.

Come un grande Sovrano aveva compiuto la sua impresa e non desiderava altro.


Il tardo mito, però, la vuole identificata con la donna che seguì Enea profugo a Cartagine dopo la fuga da Troia e che, abbandonata, si uccise e si gettò sul rogo lanciando imprecazioni.

Plutarco per primo respinse questa versione dei fatti resi da Virgilio, insostenibile sia per il carattere della donna che per  inesattezza cronologica.

Non si tratta più del personaggio Elissa-Didone, ma piuttosto di Didone-Elissa.

Non solo Virgilio, ma anche Ovidio ne fa un personaggio da tragica-commedia.

La Didone-Elissa di Ovidio non è né epica, né mitica e tantomeno regale.

E’ una “relicta”. E’ una  donna che piange e si dispera; chiede ed implora.

La Didone-Elissa di Ovidio non è l’astuta, battagliera conduttrice, fondatrice di città, che tiene a bada popolazioni avversarie, ma una donna che per amore perde ragione e dignità.

Il personaggio non ci appare eroico come nell’antico mito, ma vinto e un po’ patetico: non è più quello di una Regina gloriosa, ma di una donna fragile sopraffatta dalla passione ed accecata da un dolore senza tregua né espedienti: neppure quello abile, ma inutile, di un presunto figlio in arrivo per trattenere l’amato.

Proprio un piccolo espediente da piccola donna!

Didone-Elissa è, dunque, una donna appassionata, fragilmente femminile e in preda alla passione, che alla fine fa dire al suo poeta:

  “il motivo della morte e la spada fornì Enea

ma con la sua stessa mano si tolse la vita Didone.”

Didone-Elissa, infatti, si uccide con la spada che lo stesso Enea le aveva donato.


“Per te solo ho distrutto il pudore e la fama di prima

per la quale solo io salivo al cielo” dirà Virgilio, donandole l’immortalità.

Didone, dunque, diventa immortale solo per essere una donna e soprattutto una donna  fragile dopo essere  stata una Regina gloriosa.

Didone, dunque, è un personaggio che diventa immortale grazie alla propria sconfitta. Ma perché?

Perché Vigilio era romano e Didone, invece,  cartaginese. E perché Roma e Cartagine erano eterne nemiche.

Ma anche perché la morte di questa Regina doveva essere il primo segno della vittoria dei romani sui cartaginesi. E non doveva essere la “storia” dello scontro fra le due Potenze, bensì la “leggenda d’amore” fra due personaggi mitici finita in dramma.

Doveva essere così, perché  l’EPILOGO della “Leggenda” di Didone, doveva costituire il PROLOGO della “Storia” di Roma.

 

martedì 12 febbraio 2013

FARAONI - Re Scorpione



RE SCORPIONE

Fu l’ultimo Sovrano della Dinastia 0.


Va precisato che non si trattava di veri e propri sovrani, ma di capi e principi locali.

Secondo le antiche credenze religiose e storiche, in Egitto in origine regnavano gli Dei, cui succedettero i Semi-Dei, i quali prepararono l’avvento al trono agli uomini.


Re Scorpione, secondo la tradizione, era l’ultimo dei Re Semi-Dei.

Comparve sulla scena nell’Alto Egitto quasi all’improvviso ma, in realtà, la sua presa di potere fu frutto di strategia militare, diplomazia e conoscenza scientifica (in relazione soprattutto alla metallurgia dell’epoca del bronzo, alla distribuzione delle acque mediante la canalizzazione ed allo sviluppo dell’agricoltura.

Scorpione fu anche un Re-Guerriero e lo testimonia la straordinaria “Mazza da guerra” in calcare, proveniente dal sito di Jerancopoli, l’allora capitale del territorio e conservata al Museo di Oxford.


Questo reperto é, in sostanza, l’affermazione da parte di Re Scorpione (questo nome gli è stato dato dal geroglifico dello scorpione inciso sulla mazza) della sua sovranità sul territorio dell’Alto Egitto ( il Sud del Paese) e sulle popolazioni, compresi i nomadi che si spostavano di oasi in oasi.

Sarà con il Re-Scorpione che si comincerà a delineare l’Egitto Faraonico.


Lo Scorpione non è certo il personaggio presentato nell’ultimo film, (dagli effetti speciali e dalle tante inesattezze storiche) ma è certamente una figura straordinaria.

Non si presenta come un principe o capo-clan, (numerosi, all’epoca), ma come un vero Monarca incoronato.

Non si limita a guerreggiare e conquistare popoli e territori, ma trasforma paludi e terre aride in terre coltivabili.  Controlla le piene del fiume, favorisce lo sviluppo dell’agricoltura e della pastorizia, quello della lavorazione del legno e del metallo, della tessitura e della ceramica.

Lo Scorpione è, in verità, il primo grande Sovrano di un Egitto non ancora unificato.


Su di lui fioriscono molte leggende, leggende, che affondano le proprie radici in miti assai lontani, risalenti alla lotta fra i Seguaci di Horo e i Seguaci di Seth.

Si tratta di un mito (quello della lotta fra Horo e Seth) che trova riscontri nelle vicende storiche e cioè, nelle lotte fra popolazioni dell’Alto e del Basso Egitto prima dell’unificazione dell’intero territorio.


Il mito.

Scorpione, il cui nome dovrebbe essere Selk-Hor (Selk, come Scorpione e Hor, come seguace di Horo), secondo la leggenda era figlio di un principe locale seguace di Horo e della dea Scorpione. Sterminata la famiglia a seguito di un’ennesimo scontro (o congiura) e scampato all’eccidio, il ragazzo venne allevato da un fedele servitore.

Valente guerriero e gran conoscitore della metallurgia, costui lo rese edotto dei “segreti della natura” e lo avviò alle armi, fino al momento della riscossa… il resto è quel poco che si può dedurre dalle scoperte archeologiche.

lunedì 11 febbraio 2013

ANTICO EGITTO - Le Dinastie dei Faraoni


Studiosi ed egittologi hanno diviso (per comodità) la Storia egizia in lunghi periodi: Antico, Medio e Nuovo Impero, interrotti da  un  Primo e Secondo periodo Intermedio in cui si susseguirono 30 Dinastie.

Sulle prime Dinastie, però, ancor oggi vi sono dubbi ed incertezze circa la datazione e gli stessi Sovrani. Cosicché, si è circoscritto un periodo (e le sue vicende) racchiudendolo in una “DINASTIA O”  antecedente al 3.200 a.C.

Nella presentazione di alcuni Faraoni noti e meno noti, partiremo proprio da uno di questi Sovrani appartenuto alla Dinastia O e conosciuto con il nome di:  RE SCORPIONE



domenica 10 febbraio 2013

ANTICO EGITTO: la FAMIGLIA sostegno indispensabile del FARAONE


IL FARAONE E LA FAMIGLIA





Il concetto di Dio-Re, in Egitto, andò mutando e perdendo potere fin dal Primo Periodo Intermedio. (seguito all’Antico Regno).

Durante il Nuovo Regno furono molti i Sovrani che conquistarono il potere attraverso guerre, lotte, intrighi di corte e non solo per nomina divina.

Ne consegue che un Faraone non sarebbe stato in grado di regnare se non avesse goduto di un grande sostegno: quello della famiglia.

E’ evidente, perciò, la necessità di un Sovrano di avere tante mogli, tanti figli, tanti fratelli e sorelle a sostenerlo.

Ramesse II aveva una ventina di mogli (tra Primarie e Secondarie) ed altrettante concubine, che lo resero padre di 200, circa, tra figli maschi e figlie femmine.

Funzionari, Dignitari di corte, Sacerdoti di massimo grado, generali… erano quasi sempre imparentati tra loro.

Il prescelto a sedere sul trono, non era necessariamente il primogenito, (non lo è stato quasi mai) ma quello designato dall’intero collegio familiare.

Così, Ramesse II, quartogenito di Sethy,  fu fatto Faraone al posto del fratello primogenito il quale, però, non la prese molto bene e gli mosse guerra.


Anche Kafra (meglio conosciuto come Kefren) , divenne Faraone dopo che uno dei fratelli gli usurpò per una decina di anni il trono, mentre invece il fratello maggiore, il primogenito di Khufu, (Keope) fu suo fedele alleato.


Alleato e sostenitore, oltre che architetto e progettista  nella costruzione della Grande Piramide, fu anche il fratello maggiore di Khufu (noto come Keope)

ANTICO EGITTO: FARAONE - Incarnazione di Dio


IL FARAONE



Abbiamo, oggi, l’abitudine di indicare con il termine FARAONE, Sovrani come Keope o Sesostri, vissuti in epoca della storia egizia piuttosto lontana.

In realtà, quello di  FARAONE è un  titolo attribuito ai sovrani del Nuovo Regno e, secondo alcuni studiosi, precisamente a Thutmosis III, sovrano della XVIII Dinastia, 1.200 anni circa a.C.

Erano cinque i titoli attribuiti ad un sovrano al momento della sua incoronazione:

n      Horo:  il Falco Divino di cui il sovrano era la manifestazione in terra.

n      Le Due Signore: (Uadjet – Cobra e Nekhbeth- Avvoltoio)  Dee del Basso e Alto Egitto

n      Horo d’Oro (evocazione della vittoria di Horo su Seth)

n      Colui che appartiene al giunco e all’ape (simboli del Sud e del Nord dell’Egitto)

n      Figlio di Ra



Qual è il significato della parola Faraone?


E’ la traduzione, effettuata da un gruppo di studiosi ebrei ad Alessandria d’Egitto, dell’antico termine   egizio Per-aat in Far-aw

Per-aat, letteralmente significa: Palazzo Divino.


Per meglio comprendere il concetto esaminiamo i seguenti termini egizi:

-         Hut: significa dimora in senso lato 

-         Per: significa, invece, dimora in senso fisico (casa, palazzo, edificio..)

-         Mer : infine, è la dimora, sempre in senso fisico, del defunto (piramide, mastaba..)

-          

Il corpo del Sovrano era la “Casa” in cui dimorava lo spirito di Dio: la sua Incarnazione.

Incarnazione, dunque e non Dio o Figlio di Dio!


Egli era il tramite fra  Dio e l’Uomo ed era la manifestazione della “ma’at” ossia l’ Ordine Cosmico Naturale. 

Era colui che esercitava il potere sugli elementi della natura ed in particolare sulle Acque, sulle Piene e sull’avvicendarsi delle Stagioni.


Le origini del concetto di Regalità Divina risalgono a tempi preistorici.

A quell’epoca, però, che segnava la fine del Matriarcato e l’inizio del Patriarcato, quella di un Re era una vera lotta contro il tempo.

Quando il potere cominciava a mancargli, a causa di malattie o decadimento fisico, il Sovrano veniva ucciso e il suo sangue o le ceneri, venivano sparse sui terreni per favorirne la fertilità.

In verità, tale consuetudine era presente in tutte le società preistoriche e non solo in quella egizia.

Solamente in epoca storica, la cruenta usanza del sacrificio del Re fu sostituita da un rituale magico.

Tale rituale, chiamato Festa  “Sed” o  Giubileo Reale, consisteva in una cerimonia attraverso cui il Re doveva recuperare le forze vitali.

Erano celebrate dopo i 30 anni di regno, ma assai spesso anche ad intervalli più ravvicinati.

La Cerimonia durava quattro o cinque giorni, durante i quali venivano innalzate cappelle a Uadet e Nekhbet,  Divinità Protettrici del Paese (la  dea Cobra e la dea Avvoltoio) e il Faraone cingeva le due Corone: del Nord e del Sud dell’Egitto. 

Il rituale comprendeva sacrifici offerti in onore delle due Divinità, accompagnati da processioni e preghiere, ma un prova di vigore da parte del Sovrano, il quale doveva procedere per quattro volte ad una corsa simbolica: i quattro punti cardinali entro cui era racchiuso il territorio del Regno.


Feste del Giubileo, in realtà, si celebrano ancora oggi: vedi la regina Elisabetta d’Inghilterra, vedi i Papi, ecc..)


sabato 9 febbraio 2013

ANTICO EGITTO: APEP Signore del Male


 APEP

 

 
Meglio conosciuto come Apofi (cinematograficamente e letterariamente), Apep, Dragone Malefico, è il simbolo delle Tenebre e del Male assoluto.

E’  raffigurato come un enorme serpente alato, ispirato, probabilmente, dal modello del pitone che in epoche preistoriche viveva  nelle foreste e negli acquitrini del Delta.

 
Creatura primordiale, figlio del NUN (Caos Primordiale) è diverso da Seth; mentre quest’ultimo è Perturbatore dell’Armonia Cosmica e dell’Universo, Apep, invece, mira alla completa distruzione l’Universo.

Ogni notte  egli contrasta il passo alle forze della Luce, simboleggiate da Ra, il Sole, durante il suo periplo notturno nel Mondo-di-Sotto a bordo della  Mesketet, la Barca Solare notturna

E’ l’eterno contrasto tra il Bene e il Male, la Luce  e l’Oscurità.

 

Lo scontro tra Ra e Apep, alla Settima Ora del viaggio di Ra lungo le vie  DUAT   (l' Oltretomba), vede impegnata l’intera “Divina Compagnia.

C’è Thot, c’è Anubi e c’è Horo; non mancano Kepri ( il Sole che sorge) e Haracty (il Sole all’Orizzonte) e non manca Maat, Signora della Giustizia e dell’Armonia Cosmica.

C’è perfino Seth e sarà proprio al Signore delle Tempeste che verrà affidato il compito di uccidere il Dragone Cosmico… ma solo fino alla notte successiva e ciò fino alla fine dei tempi.

 

In quello stesso momento, nel momento dell’epica lotta fra il Bene e il Male, anche sulla Terra, per agevolare la vittoria di Ra, i suoi sacerdoti sono impegnati in un rituale magico, fatto di rew ed he-kau

(Incantesimi e formule magiche), che accompagnano  bruciando figurine in cera del malefico dragone.

giovedì 7 febbraio 2013

ANTICO EGITTO - HAPY Signore del Nilo


HAPY


Dio del Nilo e anche nome del fiume, era la personificazione delle fecondità delle sue acque e, per questo, raffigurato con i caratteri di entrambi i sessi e con testa di toro.

L’unico Tempio a lui dedicato si trovava sull’isola di Rodha, poiché il fiume stesso era il suo Tempio. Si riteneva, infatti, che risiedesse in una caverna oltre la Sesta Cataratta. 

Nel Tempio di Rodha viveva il Toro Sacro che per essere tale doveva possedere alcuni requisiti: una macchia triangolare bianca sulla fronte, un’altra a forma di ali di avvoltoio sulle spalle, ecc..

Durante le festività in suo onore, in occasione dello straripare delle acque, i fedeli accorrevano da tutto il Paese. Le porte del Santuario si spalancavano e il Toro Sacro veniva fatto sfilare tra una folla festante che gettava ai suoi piedi tavolette e pezzi di pietra levigata con richieste di grazie.

Se il Toro le toccava con gli zoccoli, le grazie sarebbero state concesse…. Se poi non accadeva… bastava riprovare l’anno successivo.

Alla morte, il Toro Sacro veniva imbalsamato e portato in corteo nella necropoli e i sacerdoti si mettevano subito alla ricerca del successore.

mercoledì 6 febbraio 2013

THOT - Signore dei Geroglifici


THOT



Dio della Scienza e della Sapienza, inventore della Scrittura e Patrono degli Scribi e degli Intellettuali, Thot era raffigurato con testa di Ibis(o babbuino.  Tra gli Dei più forti ed antichi dell’Egitto,  il suo culto era praticato ad Hermopolis.

Divinità dagli aspetti molteplici, Thot è il “Signore dei Libri e dei Geroglifici”, per essere l’inventore della Scrittura ed aver scritto di proprio pugno i  Libri della Sapienza.  Ma è  anche il “Custode dei Segreti della Natura”  e il “Signore della filosofia ermetica” per cui è associato alla Magia e al Mistero: fu da Thot, infatti, che Iside apprese tutte le sue arti magiche.

Scriba Divino e Genio dell’Ordine Cosmico, egli è presente nel Tribunale di Osiride e sorveglia la Sacra Bilancia di Maat,  durante la Cerimonia della Psicostasia (Pesatura dell’anima) a cui deve sottostare il defunto.

Tale Cerimonia consiste nell’affermare la propria Dichiarazione d’Innocenza dei peccati di cui si  viene accusati.  La veridicità di tale affermazione è confermata o negata dalla Sacra Bilancia sui cui piattelli sono posti il cuore e una piuma: quella che Maat,  Dea dell’Ordine e della Giustizia,  porta sul capo: il cuore non deve pesare più della piuma, ma… formule sacre e protezione divina, aiutavano a  rendere “leggero” il cuore. (di tale rito ci occuperemo a breve)

Thot è anche una Divinità Lunare e uno dei suoi aspetti è il susseguirsi delle fasi della Luna, che fanno di Lui il “Signore della Perpetuità”.

Nella funzione di Manifestazione di Ra, di cui è il Verbo, egli è partecipe alla Creazione dell’Universo e, quale Dio Saggio e Riflessivo, è spesso presente in molte delle dispute fra Dei.

Sarà Thot, infatti, nella Grande Contesa fra Horo e Seth,  a  convincere i due contendenti ad una tregua e poi alla riappacificazione.

Nelle vicende della dea Iside, lo vediamo correre in soccorso della Dea per aiutarla a sfuggire a Seth che la tiene prigioniera ed a nasconderla nelle paludi, dove Iside da alla luce Horo, il figlio di Osiride.

Lo stesso fa con Nut, dea del Cielo, di cui è l’eterno innamorato: vince a Shu, in una partita a senet (una sorta di scacchi) i cinque giorni ipagomeni durante i quali la Dea potrà mettere al mondo i quattro figli, avendole Shu, suo padre, proibito di farlo nel resto dell’anno.

venerdì 1 febbraio 2013

ANTICO EGITTO: Dei Figli di DIO - HORO il Dio Sole


HORO





Figlio di Osiride ed Iside, raffigurato con testa di Falco, Horo simboleggia la regalità divina e la natura divina del Faraone.
Quando un principe ereditario diventa Faraone, ne diventa la: "Incarnazione di Dio" poiché la Dinìvinità in questione è proprio Horo.

Lo troviamo al centro della Dottrina Osiriaca come vendicatore del padre ucciso da Seth.

Iside, racconta la leggenda, per proteggerlo dallo zio lo nascose nelle paludi, affidandolo alle cure del deforme Bes, Dispensatore delle Sabbie-del-Sonno, il quale con il suo lazzi copriva il pianto del piccolo Dio. 

Quando fu cresciuto, Horo affrontò Seth in epiche battaglie che, però, non vedevano un vinto né un vincitore. Horo si vide strappare un occhio (da cui: Occhio di Horo o Occhio di Osiride, di cui parleremo in seguito e da non confondere con l’Occhio di Ra) mentre Seth fu mutilato degli attributi sessuali.

Alla fine, Ra si vide costretto ad intervenire e dopo un’Assemblea con tutti gli Dei, fu deciso quanto segue: a Horo il potere sulla Luce ed a Seth quello sulla Tenebra… anche se non tutti furono soddisfatti dell’assegnazione di quei ruoli… Ma c’è qualcuno contento di qualcosa?... Gli Dei non facevano eccezione... anzi!

Horo, però, è anche la “Manifestazione di Ra” (attraverso l’astro solare); Horo è presente a bordo della Barca Solare durante il tragitto notturno e ancora, Horo è accanto al defunto durante il Giudizio del Tribunale di Osiride.

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